Il disegno di legge n. 2649 presentato il 17 maggio u.s. dal Governo per la riforma del sistema pensionistico a seguito dell' accordo raggiunto con i sindacati confederali affronta in questi giorni l'esame del Parlamento.
La sua,conversione in legge nella stesura originaria appare pero' difficile per l'annunziato ostruzionismo di Rifondazione Comunista che ha presentato una raffica di emendamenti ( oltre 2.000 ) al progetto di riforma giudicato una vera e propria "controriforma" che penalizza i lavoratori, mentre anche Alleanza Nazionale propone una serie di modifiche per garantire il diritto alla pensione senza limiti di eta'.
Il contesto e' reso ancora piu' incerto dalla pesante sconfitta subita nei referendum dalle tre confederazioni che se non delegittimate perdono consensi tra i lavoratori, come dimostrato dall 'esito non esaltante della recente consultazione aziendale sulla cui validita' pesano peraltro molti dubbi per i casi segnalati di brogli nel voto.
Presentato dalle parti contraenti (governo e sindacati) come una svolta "storica" l'accordo sulle pensioni che dovrebbe coniugare il necessario rigore con l'equita' e concorrere a ridurre incisivamente in tempi contenuti il disavanzo pubblico, sembra invece aver scontentato tutti. I diretti interessati, cioe' i lavoratori, che dovranno sopportare pesanti sacrifici, la Confindustria, Bankitalia ed il fondo Monetario lnternazionale che, con diverse sfumature, l'hanno gia' bocciata come insufficiente ed inadeguata.
In effetti a fronte di un disavanzo pubblico che attualmente naviga verso i due milioni di miliardi, appare piu' che modesta la riduzione che del medesimo il provvedimento propone nel decennio 1996-2005 (complessivamente circa 100.000 miliardi, meno di 10000 ogni anno).
Quanto ai sacrifici imposti agli interessati la sproporzione tra l'onerosita' dei medesimi e la scarsa incidenza sulle prospettive di risanamento economico in tempi ragionevoli e' piu' che evidente. D' altra parte confrontando le misure del disegno di legge in disscusione con quelle del precedente governo e respinte dai sindacati, in materia di pensioni di anzianita', particolarmente colpite dalla riforma, non si puo' dire che, tutto considerato, i lavoratori riceveranno un trattamento meno ingeneroso.
Il primo comma dell' art. 11 del Capo II concernente le disposizioni in materia pensionistica, inserite nel D.D.L. originario collegato alla finanziaria '95, confermando il requisito dei 35 anni per la pensione di anzianita', prevedeva una riduzione del relativo importo nella misura del 3% per ogni anno di anticipazione della decorrenza della pensione medesima rispetto all eta' per il pensionamento di vecchiaia prevista dal Fondo, al momento di tale decorrenza, senza condizionare la corresponsione della rendita al raggiungimento di una soglia minima di eta' e limtando al 50% la misura massima della riduzione.
Qualora la suddetta norma, modificata con la scomparsa della penalizzazione fosse rimasta in vigore, ogni soggetto interessato avrebbe potuto conseguire la pensione di anzianita' ridotta senza il vincolo di una eta' minima.
L'art.5, comma 2, del progetto Dini definisce i requisiti a regime (anno 2008) per l'accesso senza penalizzazioni alla pensione di anzianita' del sistema retributivo, risultanti dalla coesistenza di una eta' anagrafica minima di 57 anni ed una anzianita' contributiva minima di 35 anni, oppure, prescindendo dall'eta', con 40 anni di contribuzione. Detta disposizione trova un temperamento nella fase transitoria (1996-2008) secondo una gradualita' cronologica che opera sia combinando il requisito della eta' anagrafica con l'an- zianita contributiva, sia tenendo conto dell'anzianita' contri- butiva svincolata dal requisito dell'eta'.
Lo stesso lavoratore nel 2008 puo' andare in pensione con 57 anni di eta' e 35 di contributi oppure con 40 anni di contributi.
Soltanto se si verificano alternativamente l'una o l'altra delle condizioni, non si applicano penalizzazioni.
La penalizzazione, esclusa nelle ipotesi considerate in presenza di vincoli di eta' ed anzianita' contributiva superiore a 35 anni, non previsti dal progetto di riforma inserito nella finanziaria 95, rientra nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'art. 5 che, a prescindere dall'eta' anagrafica (57 anni), ma con determinati requisiti di contribuzione, consente l ' accesso al pensionamento anticipato dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello di maturazione del requisito contributivo prescritto.
Secondo il macchinoso disposto del suddetto comma, conseguono il diritto al pensionamento anticipato i lavoratori che al 31.12.95 possono far valere dai 19 ai 29 anni di anzianita' contributiva suddivisa in tre scaglioni che vanno dai 19 ai 21 anni; dai 22 ai 25 e dai 26 ai 29. L'accesso alla pensione e' consentito dal 1 gennaio dell'anno successivo al raggiungimento dell' anzianita' contributiva prescritta che e' fissata a 32 anni nel primo caso, a 31 nel secondo ed a 30 nel terzo caso.
A questo punto interviene la penalizzazione per gli anni mancanti a 37 con percentuali di riduzione del trattamento maturato che variano dall' 1% al 13 %.
Per coloro che hanno maturato al 3.12.95 le sottoindicate anzia- nita' il diritto alla pensione e' immediato ( dal 1.1.96) con le seguenti penalizzazioni.
In tutti questi casi (anzianita' contributiva dai 30 ai 37 anni) il diritto alla pensione decorrera' dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello di maturazione del requisito contributivo. Pertanto il lavoratore che al 31.12.95 ( e cosi via per gli anni successivi ) abbia maturato con almeno 30 anni di contribuzione una pensione mensile di L. 1 milione, ricevera' dal 1.1.1996, con il coefficiente di riduzione (13%) previsto in relazione agli anni che mancano a 37 (7) una pensione di L. 870 mila.
ln sostanza la norma, nell ipotesi esaminata che prescinde dal vincolo dell' eta', tende a disincentivare il pensionamento prima dei 37 anni che e' l'anzianita' minima prevista per non subire la riduzione percentuale anche dall' art. 11, sesto comma del DDL collegato alla finanziaria '95.
Nonostante la gradualita' degli effetti ( operando la riforma in un arco temporale di 13 anni a partire dal l996, andra' a regime nel 2008 ) i sacrifici per i lavoratori interessati non sono indiffe- renti, mentre la diluizione nel tempo attenuera' di molto i bene- fici per la finanza pubblica, rallentando l'auspicato rientro dal disavanzo, con una riduzione del fabbisogno nel decennio 1996-2005 di centomila miIiardi, risultante non solo dalla revisione dei requisiti di accesso alla pensione ma anche dai criteri di calcolo della medesina.
L' art. 2 del progetto di riforma introduce il metodo contributivo di calcolo della pensione che si applichera' interamente ai nuovi assunti al lavoro dal 1.1.96 e parzialmente ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi. Con questo metodo l'importo della pensione annua e' determinato dalla somma dei contributi pagati in tutta la vita di lavoro, rivalutati secondo la media del prodotto interno lordo (PIL) nello stesso periodo e moltiplicato per tre diversi coefficienti di rendimento ( 4,719 a 57 anni; 5,514 a 62 anni e 6,130 a 65 anni).
Con questo calcolo l'ammontare della pensione sarebbe legato all'andamento economico e quindi soggetto a contrazione con il decremento del tasso di crescita del PlL.
Per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi si applica un doppio sistema di calcolo della pensione: quello retributivo per le anzianita' acquisite fino al 31.12.95 e quello contributivo dal 1.1.96.
Per i lavoratori con 18 o piu' anni di contributi la pensione viene liquidata interamente con il sistema retributivo ed il conteggio della rendita rimane correlato allo stipendio medio dell' ultimo decennio di attivita lavorativa.
Per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo non si applicano le disposizioni sull'integrazione al minimo. La pensione sara' commisurata soltanto all' ammontare dei contributi versati ( pensione a calcolo ).
Con decorrenza dal 1.1.1996 ( art.3) viene accelerata da un anno ogni 2, ad un anno ogni 18 mesi, la progressione dell' ampliamento del periodo retributivo di riferimento per il calcolo della pensione ( fissato a regime in dieci anni pari a 520 settimane dal Decreto n.503/1992 ) per i lavoratori con anzianita' contributiva pari o superiore a 15 anni al 31.12.92 ( fino al 31.12.92 il periodo di riferimento era di 5 anni, pari a 260 settimane ).
Per i lavoratori autonomi e' prevista con la stessa gradualita' (un anno ogni 18 mesi) l'elevazione fino a 15 anni del periodo di riferimento per il computo della pensione nella stessa misura, decorrenza e modalita' stabilite come sopra per i lavoratori dipendenti.
Il disposto del suddetto art. 3 comporta una contrazione della pensione calcolata con il sistema retributivo ancora maggiore nei confronti dei lavoratori autonomi per la retrodatazione da 10 a 15 anni del periodo di riferimento.
L'art. 4 prevede, per i lavoratori i cui trattamenti pensionistici saranno liquidati esclusivamente con il sistema contributivo (assunti al lavoro dal 1.1.96), un'unica prestazione denominata pensione di vecchiaia che sostituisce le pensioni previgenti ( vecchiaia, vecchiaia anticipata e anzianita').
Con il nuovo sistema l'eta' di pensionamento e' flessibile e con- sente a chi lavora la possibilita' di ritirarsi in un intervallo di eta' compreso tra il limite minimo di 57 anni ed un massimo di 65 anni. Si prescinde dai predetti limiti di eta' al raggiungimento di un' anzianita' contributiva non inferiore a 40 anni.
Il ritiro prima dei 65 anni e' soggetto al vincolo di aver maturato una pensione a calcolo superiore almeno nella misura del 20% all'assegno sociale previsto per gli ultra 65enni (art. 28) ed all'accreditamento in favore dell' assicurato di almeno 5 anni di contribuzione effettiva.
Il ritiro al compimento dei 65 anni e' subordinato al solo requi- sito di almeno 5 anni di contribuzione effettiva.
Per i pensionati di eta' inferiore ai 63 anni la pensione di vecchiaia nel nuovo regime e' totalmente incumulabile con redditi da lavoro dipendente e con quelli da lavoro autonomo nella misura del 50% per la parte eccedente il trattamento minimo e fino a concorrenza con i redditi stessi.
Per i pensionati di eta' pari o superiore a 63 anni la pensione non e' cumulabile con redditi da lavoro dipendente ed autonomo nella misura del 50% per la parte eccedente il trattamento minimo e fino a concorrenza dei redditi stessi.
Per i lavoratori dipendenti ed automoni occupati in attivita' usuranti, l' attuale disciplina prevede che l'eta pensionabile e' anticipata di 2 mesi per ogni anno di occupazione nelle stesse fino ad un massimo di 60 mesi (5 anni complessivi).
Il disegno di legge (art.7) stabilisce che successivi decreti individuino per ciascuna categoria le mansioni particolarmente usuranti determinando l'aliquota contributiva per le coperture dell'onere relativo.
Quanto ai benefici il comma 2 riduce fino ad 1 anno i limiti di eta' anagrafica per l' accesso alla pensione di anzianita' del sistema retributivo nei confronti dei lavoratori interessati. Per le pensioni liquidate con il sistema oontributivo ( nuovi assunti al lavoro dal 1.1.96 ) il lavoratore puo' optare per:
L'art. 8 prevede l'emissione di decreti entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge per il riordino, l'armonizzazione e la razionalizzazione della disciplina prevista dai diversi regimi previdenziali in materia di accrediti figurativi, ricongiunzione, riscatti e prosecuzione volontaria e nuovi accrediti figurativi per le pensioni contributive (nuovi assunti al lavoro dal 1.1.96 in poi) a maggior tutela della situazione lavorativa e familiare della donna.
Gli artt. 9, 10 e 11 regolano la disciplina dei cumuli con la predeterminaziane delle percentuali di reversibilita' (pensione ai superstiti) nei casi di presenza di figli di minore eta' e inabili e con limiti alla cumulabilita'.
Se l'unico superstite e' un figlio minore, studente o inabile, l'aliquota percentuale della pensione e' del 70%. Il beneficio e' limitato alle pensioni con decorrenza successiva all'entrata in vigore della riforma.
Quanto al cumulo se il pensionato dispone di altri redditi che superano un certo importo l'assegno sara' ridotto del:
Anche l' assegno di invalidita' ( art. 10 ) in presenza di redditi da lavoro dipendente autonomo o d'impresa sara cosi' ridotto:
Quanto al cumulo tra assegno di invalidita' e pensione di inabilita' con la prestazione Inail ( rendita liquidata a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale ) viene stabilito dalla legge di riforma ( art.11 ) il principio dell'assorbimento dei trattamenti in parola (assegno e pensioni) con la rendita vitali- zia Inail, ove trattamenti e rendita abbiano causa da uno stesso evento invalidante. Da cio' deriva che la pensione o l'assegno vanno ridotti fino a concorrenza della rendita predetta.
In tutte le ipotesi esaminate nei tre articoli (9, 10 e 11) che si applicano soltanto alle pensioni liquidate con decorrenza succes- siva all'entrata in vigore della riforma viene adottata una formula che, in effetti fa salvi i trattameneti in godimento con riassorbimento sui futuri miglioramenti.
Degli altri articoli della riforma si richlamano l' art. 15, che estende il regime della pensione di inabilita' ( legge 12.6.84/n222) al comparto del pubblico impiego, l'art. 21 che regola la tutela previdenziale per gli addetti ad attivita' di lavoro autonomo, libero professionale e di collaborazione coordi- nata e continuativa per garantire agli stessi una adeguata forma di previdenza.
L' articolo prevede una delega alla enucleazione di apposite gestioni od aggregazioni in forme gia' esistenti per categorie similari ove possibili, delle attivita' professionali strutturate per ordini o con iscrizioni in appositi albi o elenchi. Con normativa diretta si provvede ad istituire presso l' Inps una apposita, separata gestione per le suddette forme di attivita', strutturata su una misura di contribuzione del 10% ragguagliata al reddito da attivita' professionale risultante ai fini Irpef.
L 'art. 28 definisce, in luogo della pensione sociale, l' assegno sociale in favore dei cittadini italiani residenti in Italia al compimento dei 65 anni; l' importo del trattamento fissato per il 1996 in L. 6.240.000, e' indicizzato successivamente secondo la disciplina prevista per la pensione sociale ed e' in rapporto di assorbimento con i redditi dell' interressato, ove non coniugato, ovvero con la parte di reddito eccedente l'importo dell'assegno sociale, se coniugato, comprendendo nel reddito, ai fini dell'assorbimento, anche quello del coniuge.
dott. Samuele Salomone
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