MOTO ONDOSO IN UNA LAGUNA DI CEMENTO

Ormai nel linguaggio comune qualsiasi progetto che va incidere ex-novo sul territorio è "sviluppo sostenibile". Tutto e il contrario di tutto può essere "riqualificazione ambientale", anche un insediamento turistico. Un’area agricola o naturale, che non abbia un valore commerciale o immobiliare, è un’area degradata da"salvare" e da "valorizzare". "Valorizzare un'area degradata", significa attribuire un valore immobiliare e di mercato ben superiore a quello originario a prescindere se si fanno danni o meno, se si consuma territorio, se lo si inquina etc. Una volta tutto ciò si chiamava speculazione edilizia.

Verrebbe da dire ah lessico traditore che non tiene conto delle realtà delle cose. Ed invece si scopre leggendo i quotidiani e le affermazioni di politici, amministratori ed economisti che questa è la realtà delle "belle parole", che sta assecondando le trasformazioni, anzi le distruzioni del nostro territorio, il cosiddetto "Bel Paese" (ma lo è ancora ?).

"La Regione pianifica nuove moderne strutture ecocompatibili" questo titolava il Sole 24 ore del 22/02/99 e l’Assessore Veneto al Turismo Pierluigi Bolla spiegava che "I tre piani di Area definiti dalla regione per lo sviluppo delle zone costiere (lapsus freudiano perché in realtà i Piani d’Area sarebbero per la tutela del paesaggio delle aree costiere N.d.A.), riservano agli approdi turistici una prospettiva di sviluppo valutabile attorno ai 12.000 mila posti barca distribuiti con equilibrio lungo tutto il territorio (sic!), sia direttamente sul mare, sia nell’ambito di lagune e corsi d’acqua interni." e continuava "... un’offerta diffusa e di qualità con realizzazione leggere e rispettose degli ambiti naturali soprattutto nelle acque interne".

Il fattore che ha scatenato le mire edificatorie, pardon pianificatorie, della Regione Veneto, così solerte nelle sue intenzioni, è il nuovo Regolamento "Burlando" (ex-Ministro dei Trasporti e della Navigazione del Governo Prodi), che semplifica le procedure amministrative finalizzate alla realizzazione di porti turistici, procedure che trovano fondamento giuridico in quella parte della Legge "Bassanini", n°59 del 1997, che offre dei solidi presupposti per una diffusa urbanizzazione del territorio costiero.

Spesso la portualità turistica, in sostanza la costruzione di darsene, ha infatti rappresentato il veicolo per edificazioni e speculazioni (Sardegna docet) con i relativi danni all’ambiente e gravi deturpazioni al paesaggio del territorio costiero, che in Veneto già eccelle per essere uno dei più urbanizzati di tutta Italia, basti pensare al litorale da Jesolo a Bibione.

Tanto per fare delle cifre in Italia la densità media della popolazione della fascia costiera è di oltre 400 abitanti per Km quadro (17 milioni di abitanti sui 55 nazionali), con una densità pari al doppio della media nazionale. Inoltre alla popolazione residente si aggiunge la enorme pressione del gran numero di turisti presenti nella stagione balneare, e l’impatto ambientale conseguente in termini di incremento del patrimonio edilizio e di saturazione ecologica a danno delle aree umide e litoranee naturali, che sopravvivono ancora in ambiente costiero, in primis la Laguna di Venezia, e la Crociera di Oloferne del WWF ha offerto dati sconvolgenti sulla quasi totale urbanizzazione e cementificazione delle coste italiane e del Veneto.

Ma in Regione Veneto sono di altro parere. Evidentemente si vuole creare altre Jesolo. Evidentemente la tutela ambientale è cosa superata. Infatti come sostiene l’Assessore regionale ai Lavori Pubblici Gaetano Fontana (guarda a caso anche Assessore all’Urbanistica) "non è logico che la gente vada a parcheggiare la barca in Friuli o addirittura in Istria" e "è logico che su un ambiente umido si facciano posti per le barche" (Il Gazzettino del 11/04/99 pag. XX della pagina di Venezia).

Allora via libera ai posti barca in laguna o sulla gronda lagunare, in aree di pregio ambientale, e non importa se tali imbarcazioni sono "gondole" e "mascarete" a remi, o "topi" e "sampierote" a vela, scafi tradizionali che l’ambiente lagunare lo rispettano, o piroscafi e barche d’altura, i cosiddetti "ferri da stiro", con motori da 200 CV, le cui onde letteralmente distruggono le barene e i cui motori fanno anche danni alla fauna marina (vedi le tartarughe, i delfini e altri cetacei uccisi dalle eliche delle imbarcazioni).

Per cambiare si potrebbe incominciare a chiamare le cose con il loro vero nome: cementificazione in barba ai vincoli e grazie a continue modifiche dei Piani urbanistici, cancellazione di aree naturali, saccheggio del territorio. Queste le parole più appropriate per quello che si vuole programmare in molte parti del litorale Regionale e più in particolare in Laguna di Venezia.

Tanto più se si considerano gli aspetti prettamente naturalistici, spesso sottovalutati, del bacino lagunare, l'area umida naturale più estesa ed importante in Italia, una delle più significative in Europa e in tutto il Mediterraneo. Laguna di Venezia, dichiarata al pari di Venezia Centro Storico patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, che in un recente convegno del 9 aprile a Cà Corner, sede della Provincia di Venezia, è stata richiamata all’attenzione come possibile Area Ramsar, area umida che andrebbe amministrata secondo veri criteri di "gestione sostenibile". Laguna che è pure individuata dal PTRC quale Parco e dal PALAV quale area di massima tutela paesaggistica.

E’ poi da segnalare come in questi ultimi 10 anni il controllo del traffico acqueo sia diventata una delle emergenze prioritarie, per la stessa salvaguardia di Venezia e della sua Laguna, soprattutto in assenza di una regolamentazione efficace ed unitaria, perché è causa di pericolo (vedi gli incidenti e i morti della scorsa estate) e soprattutto di moto ondoso, che aggredisce sempre più gravemente la struttura fisica della città storica e la delicatezza dell’ecosistema lagunare.

Al proposito vorremmo perciò richiamare una maggiore attenzione sul moto ondoso e la costruzione di aree turistico-ricettive e darsene in gronda lagunare, problema finora sottovalutato e che invece rischia di rendere inutile ed inattuabile una vera, non fasulla, tutela ambientale delle zone ancora integre sotto il profilo naturalistico.

Una tendenza assai preoccupante in questi ultimi tempi è infatti rappresentata dal proliferare di progetti di darsene, più o meno grandi, in gronda lagunare e funzionali ad un turismo sempre più consumistico, "usa e getta", i cui impatti negativi non pianificati e programmati in un ottica globale, ricadono poi all'interno delle stessa Laguna e sul delicato tessuto urbano di Venezia.

Su questa emergenza confermiamo con forza la nostra totale opposizione alla costruzione di darsene sulla gronda lagunare, che è causa di cementificazione delle aree pregiate del territorio veneziano e di incremento del moto ondoso in zone ecologicamente fragili.

In particolare segnaliamo la possibile costruzione delle darsene in Comune di Jesolo (alle foci del Sile), Quarto d’Altino (nella Conca di Portegrandi, vedi sotto), Venezia (alle foci del Dese, zona Montiron, e in prossimità del terminal acqueo di Tessera), Mira (in zona S.Ilario, vedi sotto), Campagna Lupia (in Valle Figheri), Codevigo (in zona Conche) e a Chioggia (vicino al Forte di S.Felice).

Le conseguenze di tale interventi sono inimagginabili ed inammissibili non solo per il WWF, ma per quanti hanno a cuore la salvaguardia e la tutela di un ambiente naturale unico come la Laguna di Venezia.

Due vicende, in cui il WWF Veneto si sta impegnando a fondo, possono riassumere quanto sta succedendo al proposito: la darsena di Portegrandi e di Mira.

Contro la realizzazione della darsena alla Conca di Portegrandi, Il WWF ha 3 ricorsi al TAR ancora in piedi e sta esercitando una azione decisa sulla Regione Veneto, sull’Ente Parco del Fiume Sile, sulla Commissione di Salvaguardia e sul Comune di Venezia.

Grazie al nostro lavoro e anche ai nostri suggerimenti, il Soprintendente ai Beni ambientali e Architettonici di Venezia, Arch. Roberto Cecchi, ha posto il veto in Commissione di Salvaguardia ancora nel settembre del 1998. Nel frattempo anche il Dipartimento per l’Urbanistica e i Beni Ambientali della Regione Veneto aveva inviato alla Commissione di Salvaguardia un parere di incompatibilità del progetto della Darsena, che però non è stato tenuto in nessun conto dagli enti preposti.

Il Ministero per i Beni e le Attività culturali con soluzione "pilatesca" ha poi lasciato scadere, a marzo ’99, il periodo prescritto in cui doveva confermare il parere negativo della Soprintendenza e, con la formula del silenzio-assenso, ha avallato una delle scelte urbanistiche più scellerate degli ultimi 10 anni nell’area lagunare: un insediamento turistico, con albergo, una darsena da 250 posti barca, un cantiere nautico, strutture sportive e quant’altro, nella Conca di Portegrandi, nel pieno del Parco Regionale del Fiume Sile e a ridosso di una delle aree naturali a predominanza di barene e canneti meglio conservate della Laguna di Venezia.

Una darsena in una delle aree più belle della laguna Nord, ma comunque già sottoposte ad un traffico acqueo eccessivo, con flussi di imbarcazioni in gran parte con potenti motori da altura e con scafi sovradimensionati, fuori da ogni tradizione e forma consona alla navigazione lagunare. Il passaggio continuo di barche provoca un moto ondoso talmente distruttivo da causare in alcuni punti l'arretramento delle barene fino a qualche metro all'anno!

Inoltre i canali lagunari vengono percorsi spesso a velocità elevata, e stanno trasformandosi in vere e proprie "autostrade" per le imbarcazioni a motore che, nella maggior parte, si trasferiscono in breve tempo, dalla gronda lagunare in mare aperto attraverso le 3 bocche di porto. Grazie a questo traffico selvaggio, andare con barche tradizionali a remi o a vela in Laguna nord è diventata impresa rischiosa e di estremo pericolo, perché nessuna Autorità esercita il benchè minimo controllo e a volte le barche ti sfrecciano così vicino da rovesciarti!

Il Comune di Venezia, preoccupato dell’incremento del traffico acqueo in laguna in seguito alla prevista realizzazione della Darsena a Portegrandi è intenzionato ad intervenire ad Adiuvandum (previsto dall’art.105 c.p.c.) nei ricorsi presentati dal WWF al TAR del Veneto fin dal 1992.

Altro esempio di come si vuole "valorizzare" l’ambiente lagunare è la vicenda della Darsena a Mira, zona del Machinon, nel contesto del "Parco di S.Ilario", in laguna centrale a ridosso del Lago dei Teneri e dell'oasi naturalistica della Casse di Colmata D-E.

Il Comune di Mira, in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici ha presentato una Variante al Piano d'Area (PALAV), che prevede la riqualificazione paesaggistica delle aree di affaccio lagunare comprese tra l'Idrovia e la statale 309 "Romea", in zona Machinon. In tale ambito erano destinate attività ricettive e per il turismo all'aria aperta e la nautica da diporto, nonchè un'area a bosco.

Tale progetto denominato "Parco S.Ilario", mascherato da boschetti, percorsi ciclabili e laghetti, che in realtà andrebbero ad occupare marginali superfici, secondo il WWF rappresenta in realtà, in un'area di straordinario interesse paesaggistico, ambientale ed anche archeologico, un rischio di cementificazione di un pregevole tratto della gronda lagunare, oggi quasi completamente inedificata da Fusina a Chioggia. Tale progetto prevede infatti 1340 ettari di superficie "coperta", con almeno 400.000 metri cubi di nuova edificazione, residence ed alberghi per oltre 2000 persone, l'escavazione di una darsena per complessive 3000 imbarcazioni, con capannoni alti 8 metri per il rimessaggio, con un nuovo canale, in mezzo alle barene, per raggiungere la laguna aperta.

L’intervento di "riqualificazione ambientale", come è stato presentato ai mass-media, avrebbe un impatto veramente pesante, sia per l'aumento delle fonti di rumore che di quelle inquinanti, sia anche per la maggior presenza antropica, che andrebbe a incidere negativamente su tutto il territorio circostante in aree naturali di grande valore ambientale (Lago dei Teneri, Barene di Torson) ed in particolare sulle vicine oasi e riserve faunistiche delle Cassa di colmata C e D-E.

Per adesso il WWF Veneto è riuscito a impedire la darsena di 3000 posti barca in gronda lagunare, grazie ad uno stretto coordinamento con altre forze Associative, attraverso una massiccia campagna sui mass-media e presentando un documento del WWF Veneto-Settore Territorio durante un audizione in Commissione Urbanistica alla Regione, in cui ha espresso la propria contrarietà anche il Consigliere Nazionale Giampaolo Rallo.

Ma nella stessa area ora si sta progettando, ed è stato inserito nel nuovo PRG di Mira, un nuovo insediamento turistico, sempre di estese dimensioni, con degli spazi ricreativi per "giochi sull’acqua" a ridosso dell’Idrovia: quali siano tali "giochi sull’acqua" non si può immaginare, ma staremo con gli occhi aperti per impedire che ciò che è uscito dalla porta non rientri per la finestra.

In questo contesto così problematico è difficile trovare delle soluzioni per puntare ad una vera tutela ambientale, ma è indubbio che vada fermata la distruzione del delicato tessuto dei canali, che risultano assolutamente inadatti a sostenere il moto ondoso, generato dai previsti porti turistici in laguna, soprattutto perché la nautica da diporto è orientata verso la diffusione di un traffico di imbarcazioni inadatte e non consone, per forma dello scafo e potenza dei motori, alla delicatezza dell'ambiente di barena lagunare.

Alcune proposte che lanceremo per impedire la distruzione dell’ambiente lagunare sono:

1) Interdizione delle aree più sensibili, al traffico a motore, per barche non tradizionali e con potenza dei motori oltre un certo limite, interessanti sotto il profilo naturalistico, già vincolate dal PALAV, fondamentale per una corretta pianificazione del territorio che non si può superare.

2) Istituzione di un Regolamento unitario di controllo del traffico acqueo in tutta la laguna: in questo senso un primo passo è il Regolamento Provinciale per il Coordinamento della Navigazione locale nella Laguna Veneta, in delega alla Legge Bassanini, che incomincia a regolamentare in Laguna natanti di grande stazza, velocità e potenza dei motori, e prevede aree intercluse al traffico a motore.

3) Incentivi, anche attraverso finanziamenti della Legge Speciale, alla cantieristica locale per lo studio di scafi e carene e metodi di propulsione alternativi al fine di minimizzare al massimo l’impatto del moto ondoso ed incentivi alla costruzione di scafi tradizionali in legno per imbarcazioni lagunari a remi e a vela.

4) Azioni di sensibilizzazione e di educazione rivolte a tutti per informare sulla necessità di andare in barca in laguna rispettando l’ambiente e soprattutto chi usa imbarcazioni a vela o a remi e non può navigare in presenza di un moto ondoso sempre più in aumento.

Paolo Perlasca

Ufficio WWF di Venezia

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